venerdì 28 gennaio 2011

La vita non è né brutta né bella, ma è originale!

Titolo:  La coscienza di Zeno

Autore:  Italo Svevo


La coscienza di Zeno esce nel 1923 ad opera di Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, che scelse questo appellativo per sottolineare la sua duplice appartenenza, Italica e “sveva” o tedesca, abitando a Trieste che sino al 1918 fece parte dell’impero Austroungarico.
L’opera è suddivisa in sette capitoli (Preambolo, Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione commerciale, Psico-analisi.) preceduti da una Prefazione.
Nei sette capitoli a scrivere è Zeno Cosini e l’opera si presenta come una memoria inviata dallo stesso Zeno allo psicoanalista che lo ha in cura, il dottor S., quest’ultimo non trova nulla di meglio che indurre il suo paziente a scrivere un diario della malattia che lo affigge, e se scusa, in seguito, nel brevissimo capitolo iniziale intitolato Prefazione. Il Dottor S. difatti, sperava che una simile attività potesse essere “un buon preludio alla psico-analisi”, ma viene sistematicamente deluso da Zeno, il quale decide di abbandonare il trattamento sottopostogli. La conseguenza è evidente, lo strano psicoanalista decide di pubblicare le memorie del paziente per pura vendetta.
Essendo una autobiografia, Zeno risulta il protagonista – narratore, perciò tutto il racconto è tempestato di giudizi e commenti assai poco obbiettivi sorti nel momento della stesura, su eventi passati. Possiamo dire quindi che Zeno, uomo assai bizzarro e nevrotico, non riuscirà mai ad essere un giudice attendibile dei fatti messi in stretta relazione con la sua nevrosi.
Nel Preambolo, a prendere parola è Zeno anziano, che servendosi della scrittura dovrebbe riuscire a curare la sua malattia, ma già dalle prime righe affiorano in lui i primi dubbi sulla possibilità di raggiungere la cosiddetta salute spirituale.
Segue il capitolo Il fumo, in esso la nevrosi che affligge Zeno si manifesta attraverso l’atto di rimandare le cose. “L’ultima sigaretta”, che Zeno annotta ovunque a seguito di eventi considerati da lui importanti nella sua vita, come il passaggio dagli studi di legge a quelli di chimica, è solo un buon proposito che gi permette ogni volta di assaporare al meglio quel ‘ultima sigaretta.
Nel capitolo La morte di mio padre, viene narrata la grande ostilità presente tra padre e figlio velata però da quel senso di amore che dovrebbe preesistere tra genitori e figli.  L’astio presente tra i due sfocia e viene perfettamente rappresentato, dalla tremenda esperienza di Zeno, che riceve una schiaffo dal padre, poco prima che questi muoia. Zeno vive quel momento come l’estrema punizione che il padre ha voluto infliggerli prima di andarsene.
Quindi, nel capitolo La storia del mio matrimonio, Zeno racconta in successione temporale l’assurda vicenda che lo porta all’altare. Egli conobbe, prima della sua sposa, il futuro suocero, uomo d’affari che permise a Zeno di entrare nella sua casa e fare la conoscenza delle sue tre figlie.
Zeno, fin da subito, si innamora di Ada, la più adulta e la più bella, che però trovandolo assai ridicolo, si innamora a sua volta di un uomo assai più dotto e capace nella vita del nostro protagonista. Pur essendo ormai certo del rifiuto di Ada, esso propone il matrimonio alla sorella più piccola, Alberta, che per motivi di emancipazione femminile rifiuta. Infine va da Augusta, delle tre la più brutta da sempre con un debole per Zeno, che accetta , motivandosi così “voi, Zeno, avete bisogno di una donna che voglia vivere per voi e vi assista. Io voglio essere quella donna.”.
La vicenda che segue La moglie e l’amante, narra la burrascosa storia che nasce tra Zeno e Carla, una donna di misere condizioni economiche ma con un grande talento artistico che necessità di ingenti finanziamenti per essere affinato per far di lei una vera cantante. Zeno spinto dal fascino della ragazza, decide di aiutarla e in seguito di prendersela come amante, sebbene la sua coscienza gli rimandi sempre la serenità derivatagli dal tranquillo matrimonio con la moglie.  Ed è proprio questo il motivo che porterà Carla a terminare la loro storia, scambiando la bella e triste Ada per l’ignara Augusta, ne rimane talmente colpita tanto da lasciare Zeno e acconsentire il matrimonio con il suo insegnante di canto. Zeno, sebbene possa finalmente dirsi al sicuro il suo matrimonio, non accetta di buon grado la separazione e si ritrova a rispondere al richiamo amoroso di una donna incontrata per una delle tante vie di Trieste.
Nel capitolo Storia di un’associazione commerciale l’ambivalenza del comportamento di Zeno si manifesta nei confronti di Guido, l’uomo prescelto da Ada. Guido fonda un’azienda commerciale e chiama Zeno a farvi da contabile. Zeno assicura più volte che ogni suo sforzo fu volto ad aiutare il cognato, lasciando però molti indizi che provino il contrario, come ad esempio il continuo giustificare le sue azioni che forse, si può supporre, contribuirono a rovinare economicamente Guido.  Quest’ultimo si abbandona alla sue disgrazie, tanto da ingerire una forte dose di sonnifero che lo porterà alla morte.
Zeno allora, speculando un borsa cerca di ricostruire il patrimonio del cognato ricavandone ottimi risultati finanziari.    
Ciò porta Zeno ad essere rimproverato da Ada, anche a seguita della sua sbadataggine per aver partecipato al funerale sbagliato, che gli dice “Così hai fatto in modo ch’egli è morto proprio per una cosa che non ne valeva la pena!”, uscendo per sempre dalla sua vita.
In Psico-analisi, Zeno anziano attraversando l’esperienza della psicoanalisi, rimane deluso tanto da negare addirittura l’esistenza della sua malattia “La miglior prova ch’io non ho avuta quella malattia risulta dal fatto che non ne sono guarito”  in quanto in sei interi mesi si sente peggio di prima. Poi Zeno espone la dottrina del dottor S., secondo la quale tutti i suoi comportamenti possono essere spiegati attraverso la teoria edipica studiata da Freud.  Zeno cos si auto convince che la malattia sia una parte ineliminabile della sua vita e che ogni sua passione e ogni suo vizio siano legati ad essa. Nel mentre, la guerra si avvicina, e l’Italia entra in conflitto.
La Coscienza di Zeno termina con l’affermazione del protagonista di aver finalmente conquistato la salute e insieme con la previsione catastrofica dell’estinzione dell’umanità a causa della follia dell’umanità stessa. Il successo  individuale si contrappone con la catastrofe generale, ciò si evince dalla speculazione di guerra che Zeno fa dei suoi averi. Ma Zeno non è guarito, in quanto la malattia che lo affligge s’identifica con la malattia della civiltà. La visione del romanzo è assolutamente e univocamente pessimistica, e ci presenta in Zeno la doppiezza della società formata da individui sia furbi che deboli. “La vita non è né bella né brutta: è originale.”
Il romanzo mi ha entusiasmato per la sua carica di ironia, che contribuisce attraverso a ossimori continui a rendere doppio il suo senso, inoltre mi piace come sia possibile, per il lettore, poter interpretare le parole di Zeno senza sapere se credergli o no, dosando la carica di fiducia da riporre nel narratore.

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